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Curiosi volti apotropaici nel Sacro Speco di Subiaco

Curiosi volti apotropaici nel Sacro Speco di Subiaco

Fin dagli albori della storia l’uomo, secondo una millenaria visione magico religiosa del mondo, ha spesso interpretato sventure e malanni della vita come conseguenza di azioni e di influssi negativi ad opera di forze occulte e soprannaturali, ritenute così potenti da arrecare perfino la morte. In considerazione di ciò l’individuo ha sentito il bisogno di elaborare pratiche protettive volte ad arginare e a superare le negatività provenire dall’esterno, soprattutto se potevano mettere a repentaglio l’intera esistenza. Una complessità di riti finalizzati alla difesa e rassicurazione, scongiuri, amuleti, oggetti scaramantici stanno alla base di ancestrali credenze sulle malefiche entità, tra cui quelle demoniache, in grado di stravolgere gli equilibri psicosomatici dell’essere umano. 

Un fenomeno apparentemente lontano nel tempo e quasi scomparso dalla nostra società postindustriale, si direbbe, mentre , seppure alquanto adattato ai tempi correnti, ancora esiste sia in ambito urbano che rurale, qui persistente nelle sue forme più tradizionali.

 

Vallepietra-oggetti profani e religiosi a difesa della stalla
Vallepietra-oggetti profani e religiosi a difesa della stalla
Vallepietra- corna e ferro di cavallo contro il malocchio
Vallepietra- corna e ferro di cavallo contro il malocchio

Anche nei paesi e campagne della Valle dell’Aniene corna di varia fauna, ferri di cavallo, mascheroni fanno mostra di sé sui tetti, sugli usci, sui balconi, a difesa della casa e delle sue parti più vulnerabili, quale è l’ingresso. Il malocchio, il fascino e la fattura hanno da sempre scatenato terribili paure perché malefici di provenienza subdola e di difficile risoluzione, derivanti dall’invidia occulta o palese della gente. Lo sguardo malevolo è temuto al pari di una grave malattia fisica. A volte sulle porte, anche di stalle, si trovano accostati elementi magici tradizionali, quali corna e ferri di cavallo, a immagini religiose, per lo più di santi venerati in loco, tanto per scongiurare qualsiasi rischio. Più diffusamente osserviamo svettare sopra l’ingresso di varie costruzioni bucrani o grandi paia di corna ben visibili per scoraggiare e neutralizzare eventuali male intenzionati. Maschere con linguacce e sguardi terrificanti tengono a bada, un po’ ovunque, invidiosi, iettatori e spiriti maligni compresi. Non ci meravigliamo più di tanto, sono espressioni del popolino superstizioso, ma che dire se le stesse immagini in funzione apotropaica le vediamo, mica tanto nascoste, nel Sacro Speco di Subiaco, in un luogo del monastero che ha visto le azioni demoniache all’opera per corrompere l’integrità morale e la purezza cristiana di San Benedetto? Dura dovette essere la lotta per far trionfare la virtù contro il Male, la cui presenza anche oggi aleggia nelle storie affrescate del monastero, così come in quelle narrate da San Gregorio Magno nel Libro II dei “Dialoghi”. Tutto il complesso monastico è sotto la costante tutela del suo fondatore, rivolta paternamente alla comunità monastica, che qui prega e lavora e al suo inscindibile spazio fisico. Nel lato nord, entro il Giardino dei Corvi, la statua di San Benedetto sta con il braccio alzato e orientato verso la sovrastante parete rocciosa, quasi a perpendicolo sulla struttura architettonica, mentre pronunzia le seguenti parole incise nel basamento “ Ferma o rupe non danneggiare i figli miei”.

Sacro Speco-San Benedetto nell'atto di proteggere il cenobio da cadute di massi
Sacro Speco-S. Benedetto nell'atto di proteggere il cenobio e i suoi abitanti da cadute massi. Foto M.Cellanetti
Subiaco-Sacro Speco-medaglia di San Benedetto
Subiaco-Sacro Speco-medaglia litica di San Benedetto
Descrizione della medaglia di San Benedetto
Descrizione della medaglia di San Benedetto

Inoltre dislocata in più punti troviamo la famosa medaglia di San Benedetto, influente contro il maligno se ci si affida con fede alla sua potente intercessione. La pratica devozionale è arcinota per tornare a ripeterla, semmai può essere ricordato, in quanto funzionale al discorso, come la ripetuta figura del diavolo all’interno del monastero benedettino sta a testimoniare quale paura verso di lui fosse diffusa nei secoli medioevali, con tutto il corollario di streghe e maghi. Questa simbolica cintura difensiva comprendeva un altro fronte, forse il più esposto, situato nel lato sud dove anticamente era l’ingresso principale del santuario, salendo un ripido sentiero dal fondovalle dell’Aniene. Prima di accedere alla Scala Santa il pellegrino doveva passare accanto al primitivo roveto, poi trasformato in roseto, dove il giovane Benedetto si gettò per non cadere nelle tentazioni ordite dal maligno.

Subiaco, Sacro Speco-San Benedetto svestito si getta tra i rovi per non cadere in tentazione
Sacro Speco-S. Benedetto si getta nei rovi per non cadere in tentazione. Foto Mirko Cellanetti
Subiaco-il Sacro Speco visto dal roseto
Subiaco-il Sacro Speco visto dal roseto. Foto Mirko Cellanetti

Questi infatti gli si presentò sotto forma di merlo, stuzzicandolo così abilmente che Benedetto stava per cedere e lasciare la vita religiosa per la mondanità. Riavutosi dall’inganno si rotolò tra i rovi per mortificare il suo corpo e non cedere alle lusinghe del demonio. L’episodio compare raffigurato almeno due volte nel Sacro Speco. In un grande riquadro affrescato accanto al roseto, (purtroppo rovinato dal tempo e sfregiato da vandali), si vede mentre si denuda e si getta tra le spine. Stesso sacrificio corporale affrontò San Francesco, il quale quando venne in visita nello Speco di Subiaco tra il 1022 e 1023, per ricordare la vittoria di Benedetto su Lucifero volle innestare rose profumate nell’arido roveto, che d’allora ha preso a fiorire in ogni primavera. Il diavolo però, pur scornato e battuto, ancora si vede aggirarsi nel roseto sotto forma di nero serpentello o di altro viscido animale, quando in autunno compare con tali sembianze in alcune foglie, confondendosi fra le tante; almeno così nel racconto popolare

 Foglia autunnale del roseto con una parvenza di diavoletto
Foglia autunnale del roseto con una parvenza di diavoletto, secondo la tradizione orale

. Una scritta incisa su di una piccola lastra di pietra ricorda “Quos tinxit casto Benedictus sanguine vepres, Francisci gignunt insitione rosas” [ i rovi bagnati col sangue del casto benedetto e con l’innesto di Francesco generano rose].

Quando Frate Francesco venne in pellegrinaggio a Subiaco ancora non aveva le stimmate, ricevute il 14 o 15settembre 1024, e il suo ritratto nella cappella di San Gregorio fu eseguito, come è noto, quando era in vita, probabilmente tra il 1022 e il 1023. Un documento preziosissimo, eccezionale, ma non unico, perché un’altra immagine del santo di Assisi, senza stimmate e con tratti somatici abbastanza simili, la possiamo ammirare nello splendido oratorio di San Pellegrino a Bominaco (AQ), adiacente alla chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta, di origine benedettina. Nella controfacciata di questo autentico scrigno d’arte sta a fianco dell’ imponente San Cristoforo con il piccolo Gesù sulla spalla, che Francesco indica con la mano sinistra (1). Gli studiosi ritengono però che l’effigie dell’Assisiate, presente nel Sacro Speco di Subiaco, meno stilizzata e senza nimbo, sia “la più antica conservata” e quindi anteriore a quella di Bominaco(2). Salendo con lo sguardo l’articolata facciata, che esternamente delimita in basso la scala santa e la cappella della Madonna con abside, vediamo tre nicchie, due delle quali protette da sportelli di vetro. In una compare San Benedetto con il pastorale e con un libro in mano su cui sono riportate, in un latino alterato da imprecisi restauri, parole del prologo della Regola: ”Ascolta, figlio, gli insegnamenti del maestro”. 

Subiaco, Sacro Speco-San Benedetto con il pastorale
Subiaco, Sacro Speco-San Benedetto con il pastorale

Nella seconda appare dipinta una spada con elsa a croce circondata da viticci e grappoli, esplicito monito verso le forze ostili. Non dimentichiamo che sono gli anni delle crociate e papa Innocenzo III, effigiato nella chiesa inferiore del cenobio, promosse nel 1198 la IV crociata e fu riformatore dell’ordine benedettino. La terza nicchia è oggi priva di immagine. Un po’ più in alto, appena sotto il cornicione che “si piega ad angolo al di sopra dell’abside della Cappella della Madonna” e ” segna il piano di divisione con la sovrastante Cappella di San Gregorio”, campeggia la grande figura del Cristo benedicente con due angeli, tutti con lo sguardo proteso verso la valle (3). Così li descrive Hermanin :” Il redentore ha il capo cinto di nimbo crucigero e gemmato, capelli bruno- rossi ed occhi oscuri. Egli regge con la sinistra il globo e benedice con la destra secondo la maniera latina. Dei due angioli, coperti di palli bianchi su tuniche rosse, quello di destra sostiene un globo crociato, l’altro una palma. Le loro ali sono dipinte come quelle dell’Arcangelo Michele su nella Cappella di San Gregorio e cioè gialle nella parte superiore ed inferiormente a scacchi rossi, verdi e bianchi(4).” La datazione quindi si colloca al XIII secolo.

Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roset
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Subiaco - Sacro Speco, volti apotropaici al di sopra del roseto
Sacro Speco-il cornicione con la serie di mensole dai volti apotropaici
Sacro Speco-il cornicione con la serie di mensole dai volti apotropaici

Come se tutto ciò non bastasse ecco sbucare improvvisi dalle ombre del cornicione ben 14 volti, molto somiglianti tra loro e appena al di sopra del Cristo, con cui per un tratto pure si sovrappongono. Tutti sono raffigurati con grandi occhi sbarrati, rivolti ovunque, per poter vedere anche nella notte e con le bocche digrignanti per mostrare le loro minacciose intenzioni, se solo qualcuno si fosse azzardato a sfidarli. Un plotone di apotropaici mostriciattoli dalla pelle giallastra e dalle gote lanuginose fu posto a protezione dell’entrata, come antiche antefisse o protomi del repertorio classico. Sono lì senza svolgere alcuna funzione, se non quella di vigilare e scacciare le entità maligne, che già in questo luogo si sono manifestate. Il loro numero era di certo maggiore, direi almeno il doppio, dal momento che le mensole antropomorfe dovevano completare il cornicione che gira ad angolo retto, senza interromperlo per non creare un disequilibrio architettonico. Inoltre al loro posto nella parte ricostituita con pietra cardellina oggi figurano elementi decorativi simili ai mascheroni per forma, grandezza e talune incisioni. Un’immagine sincreticamente medioevale quella che appare dal basso nel luogo del Roseto, che con le sue note vicende potrebbe aver suggerito tale schieramento difensivo, non troppo dissimile da quelle porte di campagna, di cui abbiamo detto. Chi, quando e perché la storia ci ha consegnato questo particolarissimo documento non sappiamo, ma non è unico. Le cattedrali romaniche e gotiche sono ricolme di mostri, di esseri fantastici e mitologici tratti dai bestiari medioevali e da una vasta iconografia classica. Qui però ci troviamo in un santuario benedettino dove in uno stesso spazio convivono elementi culturali diversi e contrastanti, che non ti aspetteresti.

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Note

Il presente scritto con i suoi essenziali e circoscritti contenuti, ampiamente divulgati, vuole dare solo un contributo alla conoscenza di alcuni fatti poco noti o inosservati.

1 - Serafino Lo Iacono, Bominaco, Tipografia Mancini, Sambuceto (CH),1995,p.67.

2 - Mauro della Valle, Osservazioni sui cicli pittorici di San Pellegrino a Bominaco

     e di Santa Maria ad cryptas di Fossa in Abruzzo, ACME 2006, p.119

3 - I monasteri benedettini di Subiaco, a cura di Claudio Giumelli, Autori Vari,

    Silvana Editoriale, p.78

4 - F.Hermanin, I monasteri di Subiaco, gli affreschi, Roma 1904,p. 426

   Così l’autore annota nel medesimo testo a pag.424, riguardo ai mascheroni,

  “...È una specie di facciata (quella al di sopra del roseto) addossata alle rupi,      intonacata, riquadrata da una semplice fascia rossa e divisa in due piani da un    cornicione sorretto da curiose mensole gialle, dipinte a somiglianza di facce, con  occhi, naso e bocca”. Null’altro.