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La pittura di Ercole Gino Gelso

La pittura, come ricerca esistenziale, di Ercole Gino Gelso

una vista ricorrente
una vista ricorrente di Ercole Gino Gelso

Il mondo figurativo del pittore Ercole Gino Gelso, che conosco fin dagli esordi giovanili, scaturisce anzitutto da un’esigenza dell’anima, sempre alla ricerca dei significati esistenziali profondi, che sostanziano e interrogano la dimensione umana nelle sue molteplici sfaccettature. Per questo non può essere incasellato in un unico stile, una volta per tutte. Il suo linguaggio è mutevole come le nuvole e i volti che dipinge, aperto costantemente alle sperimentazioni e sensibile a tutto ciò che pulsa nel profondo delle sue emozioni. La produzione pittorica costituisce una specie di diario intimo dell’intera esistenza, a volte segreto, che si svela a poco a poco, mettendo insieme tutti i puzzle della sua espressività, frutto di uno scandaglio interiore e di una naturale curiosità verso tutto ciò che lo circonda. La pittura si identifica dunque con la vita, nel suo perenne divenire, per cui niente può essere uguale a prima e tutto si trasforma in modo magmatico, pur qualificandosi sempre con un tratto stilistico inconfondibile, fortemente personale, che ne determina il trait d' union. È difficile quindi, se non impossibile, sintetizzare quasi mezzo secolo di attività artistica con tanti percorsi estremamente fecondi. Tuttavia ritengo che la sua opera, specialmente la più recente, si muova tra due forme espressive diverse, apparentemente contrastanti, che sondano da un lato gli aspetti emozionali più sanguigni e sensoriali dell’uomo e dall’altro quelli propriamente intellettuali del pensiero filosofico, accomunati da una tensione interiore vibrante e coinvolgente. In entrambi i casi e nel suo percorso artistico si riscontra decisamente la volontà di superare il semplice dato oggettivo della realtà, per ricrearne un’altra più personale, derivante da un impeto espressionistico o da una immaginazione visionaria. In tal senso, per esemplificazione, si vedano rispettivamente il nudo del 1970 e la Veduta ricorrente del 2010, entrambi accomunati da una pittura di getto esaltata da un intenso cromatismo e il Drappo rosso del 2011, la Valle dei giganti del 2012 o il recentissimo Manichino, dove traspaiono suggestioni simboliste e perfino surrealiste, sempre tradotte con un segno grafico-pittorico emozionale e sperimentale, attraverso l’uso combinato di colori ad olio, acrilici, smalti, vernici, spray, alternando il pennello e la spatola . L’ispirazione dell’artista in questi ultimissimi anni si è rivolta con rinnovato interesse verso i nudi di donna, tema peraltro ricorrente nella sua produzione, variamente interpretati e tratteggiati con diversi tagli compositivi e particolari prospettive. Le figure femminili, che mettono a nudo una realtà più ampia di quella estetica e sensuale, raccontano e comunicano messaggi attinenti alla sfera esistenziale, per il senso di inquietudine e smarrimento che spesso generano . Gli stessi titoli enigmatici inducono all’interrogazione e sollecitano una introspezione psicologica e una riflessione sulla condizione umana, segnata anche da una angosciante incomunicabilità. I soggetti, lungi dall’apparire freddamente costruiti, si muovono in uno spazio che contribuisce in modo efficace a stabilire una relazione con l’osservatore e a determinare il racconto pittorico, potenziato da forme e colori originali e creativi. L’artista con il suo stile, maturo e personale, manifesta una poetica figurativa che certamente darà ancora fecondi risultati a livello nazionale, proiettato come è a muoversi su ampio raggio e a confrontarsi con l’attuale panorama artistico, finanche europeo. In questo contesto si segnalano per alte qualità pittoriche e cromatiche i quadri con cui ha partecipato alla prestigiosa biennale di Verona nel  mese di febbraio 2014.