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La corrida di Vallepietra

Roma- nell'anfiteatro Correa si svolgeva la corrida
Roma- nell'anfiteatro Correa si svolgeva la corrida

Le scarne notizie a nostra disposizione non ci consentono di risalire con sicuri riferimenti storici ai fatti che determinarono la tradizione della corrida a Vallepietra ( 1 ) e quindi di inquadrarla in un preciso contesto culturale e temporale, per la qual cosa il presente scritto vuole essere essenzialmente una prima divulgazione di racconti colti dal vivo, ( 2 ) non rinunciando però a enucleare qualche ipotesi circa l’origine e a illustrare somiglianze con manifestazioni similari che si svolgevano nella città di Roma. La corrida, o più precisamente nel dialetto locale “ ju ‘nturiu della vacca “ , cioè l’istigazione di una mucca per renderla furiosa come un toro, è una di quelle tradizioni passate ben viva nella memoria degli anziani, sia che furono protagonisti o spettatori di questo singolare torneo che si svolgeva in Piazza Roma, oggi Piazza Italia, fin verso la metà del Novecento per la festività dell’ Assunta.

Vallepietra - piazza Italia
Vallepietra - piazza Italia

Non vi è persona di una certa età che immediatamente non rievochi quel tempo “ eroico “ con il sorriso e con aneddoti che colpiscono per la freschezza e la forza espressiva, citando le gesta di Antonio il Coraggioso o di Antonio il Terribile. “ Erano bei tempi “ si sente ripetere da parte di chi ricorda con nostalgia il tempo lontano della giovinezza. Già molto tempo prima una vacca, che risultava essere particolarmente “ cattiva “ e ribelle agli ordini del mandriano, era indicata come la più adatta a gareggiare nella corrida e quindi ad essere mattata per fornire il cibo rituale nel giorno di festa. Le mandrie, ( 3 ) come del resto accade ancora oggi , vivevano allo stato brado nei boschi e non era difficile trovare un esemplare piuttosto indomito, che, aizzato a dovere, avrebbe tirato fuori tutta la sua bestiale furia. Qualche giorno prima dalla montagna si faceva scendere in paese la vacca e l’operazione, non senza rischi, richiedeva una grande abilità degli allevatori per portarla felicemente a termine. La piazza di allora, in terra battuta e più ristretta dell’attuale, aveva solo tre accessi chiusi per l’occasione da cancelli ( 4 ) e cingeva per intero lo spazio dell’arena. Nella mattina del 13 agosto si svolgeva lo spettacolo con le persone affacciate alle finestre, balconi, terrazze, piene di eccitazione verso i locali giostratori. Circa una dozzina di giovani scendevano in campo, quasi per cimentarsi in una sorta di rito di passaggio e mostrare tutta la loro bravura di fronte ai paesani e alle presenti ragazze . Il compito di giostrare il bovino era prerogativa degli allevatori, che davano inizio alla festa con l’ubriacatura dell’animale, sottoposto come era a ingurgitare quantità considerevoli di vino. Poi con fazzoletti rossi agitati davanti agli occhi lo facevano scalpitare e con lunghi bastoni lo punzecchiavano tanto da renderlo furente e aggressivo. Per sfuggire alle sue cornate e alle sue pericolose cariche i giovanotti con rapidi salti si mettevano al sicuro sulle scalinate perimetrali o si infilavano in grossi tubi di lamiera collocati dentro l’arena, che ruzzolavano dietro i colpi del bovino ( 5 ).
“ ju ‘nturiu “ proseguiva per un paio d’ore , cercando sempre di meravigliare e divertire il pubblico con nuove prove e trovate, a volte comiche o spavalde, ma non sempre tutto era scontato e prevedibile, come quella volta in cui la vacca incornò il sedere di Antonio Benedetti, detto il terribile, ( 6 ) per fortuna senza provocare danni seri o quell’altra quando furibonda piombò dentro l’emporio di Tardiola, mettendolo interamente a soqquadro. Quando riuscì trascinò con sé avvolte nelle corna una quantità di corde, spaghi, “ camicciole “ ( nastrini elasticizzati usati per stringere le mutande e le calze delle donne del tempo ) che comprensibilmente scatenarono l’ilarità di tutti e ancora oggi il fatto si ricorda senza poter far a meno di ridere. Gli episodi devono essere accaduti rispettivamente tra gli anni 1930-’35 e 1940 – 1941, secondo le varie testimonianze. Il giorno successivo la mucca si macellava per essere consumata durante la festa dell’Assunta in concomitanza con la manifestazione dell’Inchinata e si allestivano grossi pentoloni di acqua bollente e infuocati bracieri per cuocere la carne arrosto o bollita. Dell’animale non si sprecava nulla, data la poca disponibilità di cibo che vi era, e il periodo festivo rappresentava proprio una buona occasione per integrare con proteine l’alimentazione basata essenzialmente sul consumo dei cereali, causa frequente di pellagra presso le plebi del centro sud Italia. I festaroli pagavano la mucca al proprietario e la consumavano insieme al gruppo dei giostratori in un’ampia cantina del Palazzaccio, ( 7 ) così era chiamato in senso dispregiativo l’antico castello baronale della potente famiglia Caetani, signori di Vallepietra. L’ultimo allevatore a fornire la mucca per la giostra fu Massimi Paolo nel 1946, anno indicato dai più come conclusivo della tradizione. Secondo quanto riferisce Cristoforo Troiani la fine della corrida si deve al fatto che una bambina durante i giochi ebbe un lieve infortunio, tale da spingere il padre a ricorrere alla caserma dei carabinieri, che da quel giorno per motivi di sicurezza proibirono la prosecuzione della manifestazione. La celebrazione religiosa invece non subì cambiamenti rispetto al passato e ancora oggi a Vallepietra la ricorrenza dell’Assunta è molto sentita e si mantiene viva la tradizione dell’ Inchinata, diffusa peraltro in tutta la Valle dell’Aniene, Essa costituisce un forte appuntamento estivo e un richiamo affettivo per tutti quei paesani che si sono trasferiti in città per motivi di lavoro. La sera del 14 agosto due “ macchine “, recanti l’effigie dipinta della Vergine e del Salvatore, si trovano nella piazza Italia l’una di fronte all’altra per compiere il rito dell’inchino, insieme a tutto il popolo invocante la misericordia divina. Attualmente la confraternita conta 11 donne e 11 uomini e tra i suoi compiti principali ha quello di provvedere alla buona riuscita della festa dal punto di vista organizzativo ed economico. Non è mia intenzione procedere oltre, perché esula da questo breve lavoro la trattazione riguardante sia la festività dell’Assunta, specie nel contesto delle feriae Augusti, con l’usanza dell’Inchinata che l’ancestrale rapporto uomo-toro-mucca all’interno della dimensione ludico-religiosa in area mediterranea, per lasciare spazio ad alcune supposizioni conclusive accennate nella parte iniziale.
Dal momento che tutte le tradizioni popolari sono sempre strettamente correlate con le molteplici realtà storico-culturali di un territorio più o meno vasto e frequentissimi sono gli scambi, gli apporti e i nessi con il vitale mondo folclorico, due sembrano essere le constatazioni utili al nostro discorso riferite al luogo e al tempo in cui vi era la corrida. Almeno come enunciazione di fatti che trovano sorprendenti punti di contatto. A Roma tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento si svolgeva una analoga manifestazione, quanto mai inconsueta anche per la tradizione italiana, che potrebbe aver avuto una qualche relazione diretta con l’istituzione della festa vallepietrana o più semplicemente potrebbe essere stata oggetto di imitazione a seguito di fatti a noi sconosciuti. D’altronde lo stesso rituale dell’ inchinata nella Valle dell’Aniene non è stato desunto da quello esistente a Roma sicuramente fin dai primi secoli dell’alto medioevo ? Nel 1780 il marchese portoghese Vincenzo Mani Correa volle edificare sui resti del mausoleo di Augusto a Roma l’anfiteatro che poi prese il suo nome e il 3 luglio di quello stesso anno fu inaugurato con giochi equestri, dimostrazioni di cacce, giostre di animali, tra cui la corrida senza l’uccisione dell’animale, come del resto è nel costume portoghese, e spettacoli pirotecnici ( 8 ). Nel 1802 lo Stato Pontificio acquistò il complesso architettonico e mantenne i giochi con gli animali fino al pontificato di Pio VIII ( 1830 circa ), dopodichè furono aboliti. È probabile che il gioco della corrida a Vallepietra, unico in tutta la valle dell’Aniene e non solo, risalga a questo periodo, perché resta difficile calarlo in un tempo più remoto, per il fatto che molto difficilmente si potrebbero trovare riscontri storici, tali da giustificarne l’origine in questo isolato e marginale paese laziale. Inoltre la collocazione calendariale e la data del 13 agosto potrebbero non essere casuali, ma qui l’ipotesi è alquanto azzardata, perché coincidono con importanti avvenimenti che hanno a che fare con l’annessione dello Stato Pontificio alla Francia nel febbraio 1808. Eventi che hanno provocato benefiche conseguenze per il paese e introdotto festeggiamenti e commemorazioni varie. Scrive il Caraffa (8 ) “ Non si può negare che l’amministrazione napoleonica diede notevole impulso a tutti i campi della vita pubblica ( di Vallepietra ) “ e che “ particolare importanza è data alle feste civili : ” Le feste del governo essendo più di una come quella di 13 agosto l’incoronazione del nostro augustissimo sovrano, la vittoria di Austerliz e la ricorrenza della nascita del nuovo re di Roma portano queste una spesa più considerabile degli altri anni, …” , senza però specificare in dettaglio il bilancio consuntivo. Nello Stato delle spese del 1811 per es. si fa riferimento a generiche feste sagre, franchi 46.40 ; feste pubbliche, franchi 197.70 e così via per gli altri anni. L’evento ludico dunque come momento gioioso per le celebrazioni in onore dei nuovi conquistatori stranieri ? Forse, fatto sta che a Vallepietra per molto tempo si è svolto uno spettacolo non dissimile da quello in uso presso l’antica Roma e Grecia e più in generale i popoli del Mediterraneo, ad iniziare dalla civiltà cretese. Altro non si può dire, in attesa di prove documentali che confutino tali asserzioni o le sostengano.

Note

1) Lo storico Filippo Caraffa nel suo accurato libro monografico su “ Vallepietra, dalle origini alla fine del secolo XIX “ , Lateranum, Roma 1969, non fa cenno alcuno alla corrida e pur trascrivendo interamente dalle visite apostoliche le entrate e le uscite del bilancio comunicativo per gli anni finanziari di fine Settecento, non vi è alcuna voce che si riferisca alla giostra, né tantomeno, e ciò è piuttosto illuminante, alla festa dell’Assunta, che deve essere stata introdotta successivamente. Sono annotate invece tutte le altre feste esistenti a quel tempo. Da lui inoltre si apprende che “ l’archivio comunale di Vallepietra è inesistente per il periodo .. ( che va )..dalle origini alla fine del 1800 “.
2) Un ringraziamento particolare va ai seguenti informatori che hanno contribuito in modo determinante alla stesura dell’articolo : Cristoforo Troiani classe 1928, Antonio Massimi classe 1917, Luigi Rosati classe 1927, Luigi Palmieri classe 1938, Alessio Rotondi e Iolanda Rotondi. Tutte le notizie citate valgono solo per i decenni 1930 – 1940, in quanto non è stato possibile appurare con altre persone più anziane eventuali trasformazioni nel tempo.
3) L’economia del paese si è sempre basata in particolare sull’agricoltura, sullo sfruttamento del legname e sull’allevamento. “ In un inventario di bestiame redatto nel 1828, troviamo che il paese possedeva 53 cavalli, 48 asini, 156 vacche, 4000 pecore e capre. I proprietari erano settantasei.” Caraffa, cit. Da questi dati si desume l’importanza sociale che rivestivano i mandriani e soprattutto i bovari, che di certo con lo spettacolo della corrida vedevano riconosciuto annualmente il loro status.
4) L’attuale passaggio che immette a Piazza San Francesco è stato ottenuto abbattendo nel dopoguerra il palazzo dei Caetani, di cui resta solo la torre merlata.
5) Nonostante molte ricerche non è stato possibile rintracciare alcuna fotografia dei fatti dell’epoca e tutte le persone intervistate hanno asserito di non averne mai vista una in giro.
6) La buona memoria di Luigi Rosati ricorda che i soccorritori di Antonio Benedetti, classe 1892, dopo la famosa incornata, proposero di sospendere lo spettacolo, ma lui gridava “ deve andare avanti, deve andare avanti “, da qui il soprannome di terribile, che lo ha contrassegnato per tutta la vita.
7) Con questo appellativo
8) Il pittore gallese J.B.Thomas ha illustrato con una stampa il gioco della corrida a Roma nella prima metà dell’Ottocento, all’interno dell’anfiteatro Correa, che sembra richiamare quello raccontato a Vallepietra.
9) F.Caraffa “ Vallepietra, dalle origini alla fine del secolo XIX “, pag. 171 - 172