Il nucleo abitativo di Bacugno, conosciuto già nel 1021 come Bacunius, è situato a nord di Rieti. Il 4 e 5 agosto qui si festeggia la Madonna della Neve, cui è dedicata l’attuale chiesa ricostruita dopo il catastrofico terremoto del 1703. L'evento sismico è ricordato in una iscrizione latina ove si fa menzione anche del “Castri Vacunei”, un toponimo che al pari dell'altro deriva dal nome della dea Vacuna, venerata dagli antichi Sabini. Al mondo magico-religioso di quella civiltà appenninica si fanno risalire i secolari riti popolari presenti nella festa mariana, che commemora la miracolosa nevicata avvenuta a Roma nel 358 d. C. sul colle Esquilino. Nei primi giorni di agosto un enorme covone di grano, detto manocchio, fa mostra di sé con le più belle spighe da poco mietute. In un clima di convivialità prende pian piano forma l’elegante composizione vegetale che richiede diversi giorni di lavoro. L’annuale celebrazione evidenzia un profondo sincretismo tra il culto liturgico e la componente profana , retaggio di antiche cerimonie legate al ciclo agricolo della messe, riguardanti la prosperità , l’abbondanza, l’offerta propiziatoria e di ringraziamento per il raccolto . Dopo un periodo di affievolito interesse verso la tradizione taurina il paese con rinnovato impegno ha saputo ridare impulso alla manifestazione popolare nel suo insieme e con essa alle risorse umane, culturali e ambientali del territorio. La festa oggi è alquanto diversa da quella che si svolgeva fino agli anni '60 del 1900, quando l’organizzazione e la partecipazione erano di esclusiva competenza maschile e coinvolgevano appieno le 4 frazioni confinanti con Bacugno : Steccato, Picciame, Fontarello e Fìgino. A turno si occupavano dei riti tradizionali, a cui si aggiungevano la questua casa per casa condotta dai festaroli per finanziare le iniziative e la grande fiera di bestiame del 5 agosto nei pressi della chiesa. Alle donne spettavano sempre le consuete mansioni domestiche, dettate da una società ancora fondamentalmente patriarcale . L'offerta del pranzo rituale ai solcatori di ritorno dal monte ne era un esempio. Verso le due di notte di ogni 4 agosto un gruppo di giovani munito di piccozze sale con fuoristrada sul vicino monte Boragine per il rito del solco diritto. È un momento fortemente aggregante ed emozionante per i panorami che si susseguono a perdita d’occhio. Ai primi albori tutti cominciano a darsi da fare, per scavare il solco e per innalzare la biffa, un lungo palo di faggio rivestito di verdi fronde , da cui ha inizio la tracciatura portata in linea retta fino all'entrata della chiesa di Santa Maria. Almeno così fino ad un recente passato. Il luogo di partenza non è stato sempre lo stesso, ma negli ultimi decenni si è convenuto di riutilizzare quello sul Boragine, così che oggi l'intero svolgimento presenta un carattere solo rievocativo, pur tuttavia l'azione corale che si esprime nello stupefacente scenario montano mantiene comunque motivi di grande significato. Ancorato il pennone con tiranti al suolo, il gruppo ridiscende e passa per il borgo di Vetozza dove è ben accolto e adeguatamente rifocillato. Al suono di allegri organetti i giovani giungono a Bacugno e dopo aver issato la seconda biffa davanti alla chiesa ricevono un pranzo preparato dalle donne. Il toro ossequioso di Bacugno con la sua triplice genuflessione verso la Vergine ha acquisito crescente notorietà anche mediatica . Signore del rito è diventato una sessantina di anni fa, quando il bue aratore dopo alcuni millenni di onorato servizio, è stato messo a riposo. Torelli prima e grandi tori poi ,lo hanno sostituito. Una interessante nota viene fornita da Roberto Marinelli che scrive : presumibilmente a partire dal 1700 i riti contadini furono inglobati nella festa liturgica durante la quale era consentito al bue di inginocchiarsi in chiesa. Un rapporto sacro-profano che nello specifico richiama ricorrenti analogie di racconti mitici, di fondazioni di culto, riti di fertilità. Il dominante color rosso della bardatura con ogni probabilità riveste un significato apotropaico mentre le monete appese alle corna alludono certamente ad un auspicio di prosperità. Appena il manocchio fa ingresso nel sagrato della chiesa una ragazza vi sale sopra e lancia nei 4 punti cardinali manciate di ciambellone, seguite da una nutrita pioggia di ciambelletti sugli astanti in segno di buon augurio. La festa è finita, ma ciascuno con il suo bel ciuffo di spighe la manterrà a lungo dentro di sé, insieme alla Vergine della Neve .